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Se la tv non decide per noi

10 aprile 2005
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Shylock lo pensa da tempo. Pigi Battista, sul Corriere della Sera dell’8 aprile, lo spiega nel migliore dei modi possibili. E se, in una democrazia, il "controllo" della tv non fosse poi quella così potente arma in grado di far spostare i voti alle elezioni? Se trovate il tempo per leggerlo, ecco un articolo che fa riflettere. E smonta le tesi di tante presunte vestali della libetà.

 

LA TIVU? NON CONTA di Pierluigi Battista

 Ma se in Italia la tv non avesse quell’influenza cruciale sui destini politici ed elettorali che tutti le riconoscono? La domanda, già apparentemente stravagante in un Paese in cui il premier è anche un magnate della televisione, può sembrare addirittura paradossale quando la spettacolare irruzione di Berlusconi nell’arena televisiva di «Ballarò» segna una svolta nella strategia politico-mediatica del centrodestra ferito a morte nelle ultime elezioni. E anche impropria, quando i leader del centrosinistra, da Prodi a Veltroni, indicano nella nomina bipartisan di un inedito consiglio d’amministrazione della Rai l’obiettivo simbolico della nuova stagione politica scaturita dall’ultimo responso delle urne. Ma è una domanda che da almeno un ventennio dispone di una base cospicua e coerente di esempi che militano a suo favore e che oggi forse non si perderebbe tempo a prendere in considerazione, per evitare illusioni, ma anche scontri feroci e crociate apocalittiche nel nome dello spoils system.

E allora, conta davvero così tanto la tv nelle elezioni italiane oppure è il caso di dire che non c’è storicamente nessuna coincidenza meccanica e necessaria tra il controllo della tv pubblica e i comportamenti politici ed elettorali dei cittadini italiani? Il primo esempio risale alla seconda metà degli anni Ottanta, quando la conquista da parte del Pci di una rete Rai e di un telegiornale non seppe impedire l’inesorabile declino elettorale di quel partito. Prosegue, a cavallo tra la fine degli Ottanta e i primi anni del Novanta, con il controllo ferreo da parte del «Caf» sulla televisione pubblica, che non riuscì ad arginare il rovinoso crollo dei partiti centrali della Prima Repubblica (penalizzati dalle urne prima ancora che dalle decisive inchieste giudiziarie) e nemmeno a frenare la tumultuosa ascesa della Lega di Bossi, totalmente assente, non solo dagli assetti manageriali, ma addirittura dagli schermi della tv di Stato (fenomeno che si replicherà sette anni dopo, quando la straordinaria performance di Emma Bonino ebbe a compiersi nel vuoto assoluto di presenze nei programmi di informazione politica).

Gli anni della crisi della Prima Repubblica azzerarono il profilo della «lottizzazione» proporzionalistica della Rai e introdussero nei suoi assetti la logica spietata del bipolarismo ma non smentirono, anzi accentuarono, la divaricazione tra controllo dei gangli della tv di Stato e risultati elettorali effettivamente conseguiti. Tra il ’93 e il ’94, con la Rai dei «professori», i tg e i talk show politici, forse fiutando i venti della stagione «nuovista», vennero affidati quasi esclusivamente a esponenti della sinistra. Eterogenesi dei fini: vinse, avventurosamente ma vinse, Berlusconi. Ma quando il centrodestra andò al potere, anche quello della Rai cambiò subito segno e colore.

Eppure alle elezioni del ’96 vinse Prodi, e perse lo schieramento che in quel momento deteneva le leve della televisione di Stato. Coincidenze, forse. Eppure lo scenario viene replicato con impressionante ripetitività negli anni successivi. L’Ulivo trionfante impose nuovi equilibri nella Rai, ad esso ovviamente favorevoli. E quanto più ulivizzava la Rai tanto più subiva scacchi elettorali (dalle elezioni europee del 1999 fino alle regionali del 2000) per arrivare al tonfo elettorale delle consultazioni del 2001, che videro trionfare Berlusconi. Il quale Berlusconi, assieme ai partiti del centrodestra, non risparmiò blindature alla Rai governata nel nuovo quadro politico. Ma da quando esercita il suo controllo sul servizio pubblico, il centrodestra ha fatto in tempo a perdere ben tre tornate elettorali, fino al tracollo rovinoso dei giorni scorsi, quarto e sinora ultimo passaggio elettorale in cui i comportamenti politici degli italiani non sembrano assecondare le geometrie imposte a Viale Mazzini. Non esiste, in questo breve excursus sui destini paralleli delle vicende televisive e dei risultati elettorali, un solo esempio che contrasti la sensazione che gli italiani, magari voteranno per le più bizzarre motivazioni, ma non certo sulla base dei desiderata di chi di volta in volta detiene le leve del potere della televisione pubblica. E allora: davvero la tv conta così tanto sulla politica italiana?

13 commenti leave one →
  1. anonimo permalink
    11 aprile 2005 08:12

    Probabbilmente non conta così tanto! Io credo che il vero problema non sia tanto l’influenza sui comportamenti elettorali, quanto l’assenza di un’informazione veramente indipendente, come è la BBC, ad esempio! Ciao buona giornata!

  2. 11 aprile 2005 09:37

    W la Bbc!

  3. 11 aprile 2005 09:39

    chi è l’anonimo? ebu, hai avviato tutti i sistemi di spionaggio per accertarti delle generalità di chiunque acceda a questo sito?

  4. 11 aprile 2005 12:10

    grazie stuzzichina, basta con questa retorica pro-bbc! a me piace al jazeera

  5. 11 aprile 2005 12:19

    L’importante sarebbe avere tanti canali seri, anche se ognuno dipendente da qualcuno, invece di avere tanti buffoni (scusate, oggi è lunedi ed è anche brutto tempo, dopo esserlo stato tutto il fine settimana) che si insultano a vicenda e fanno a gara per chi riesce a far vedere + spazzatura a noi fessacchiotti

  6. 11 aprile 2005 12:24

    non per essere snob, comunque nessuno ci obbliga a tenerla accesa la tivù. anche il calo degli ascolti (e la fuga verso le tv satellitari) potrebbe diventare uno stimolo ad invertire una tendenza verso la spazzatura 24 ore su 24.

  7. 11 aprile 2005 13:11

    la TV rimane comunque per moltissime persone l’unica fonte di informazione e poi anche la questione dei canali satellitari…quelli italiani sono stati già occupati dai soliti noti..Rai e Mediaset…quindi che cambia? Forse che giocare in diretta con Gerry Scotti mi fa sentire più multimediale?….mah!

  8. 11 aprile 2005 13:25

    non i canali millantati da gasparri. sky ha mediamente una buona qualità e soprattutto non ha pubblicità. però, tutto questo si paga, è vero. e se non pagassimo il canone, ci potremmo fare un abbonamento a sky, giusto?

  9. anonimo permalink
    11 aprile 2005 14:22

    In effetti, come non dar ragione a Battista? La tivù non influenzerà direttamente il voto degli italiani, ma ne influnza sicuramente la formazione di un orizzonte culturale e ideologico che va sempre di più nella dirazione di un appiattimento totale e queste non sono la premesse giuste per fare funzionare bene una democrazia, la tv crea conformismo.

  10. 11 aprile 2005 15:20

    il grande dilemma? Come si fa ad avere un’opinione pubblica informata?

  11. 11 aprile 2005 18:34

    che la tv crei conformismo, è verissimo; che, però, il conformismo stia sensibilmente aumentando in questi tempi di nulla televisivo, ho i miei dubbi. Non penso che, prima dell’avvento della tv, o anche solo prima dell’irrompere della tv “commerciale” esistessero masse di voraci lettori pronti ad emanciparsi dall’imperante conformismo grazie alla lettura di Doestoevskj in russo o alle riflessioni suscitate dal confronto tra la Repubblica platonica e la Politica aristotelica.
    Il conformismo, probabilmente, è una costante che abita ogni epoca.

    Ho anche dubbio che si riesca ad avere un’opinione pubblica “informata”. Forse, sarà più facile avere un’opinione pubblica indottrinata piuttosto che una informata, per la qual cosa è implicito l’uso della capacità critica ed anche, il desiderio di confrontare tra loro i fatti. D’altra parte, se oggi le masse sembrano supine di fronte alla retorica delle élite economiche e politiche, non dimentichiamo che i totalitarismi del Novecento, come ha dimostrato la storiografia sulla materia, hanno goduto di un consenso forte e partecipato.

    Ciò non toglie, comunque, che anch’io vorrei che la tv non fosse solo il luogo d’elezione per veline, contraffazioni giornalistiche e beceri sentimentalismi, ma un luogo di crescita collettiva e di offerta culturale popolare; non mi illudo, però, che essa diventi strumento per rendere l’opinione pubblica “consapevole” e “vigile”.

  12. 11 aprile 2005 19:32

    Siamo su uno dei miei temi preferiti. Rimando quindi ai miei scritti. Anzi li ricopio in bella tre post più sopra di questo.

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